Fisco, se hai debiti possono pignorare le somme in quest’altro modo (che nessuno sa): come difendersi

Chi ha debiti deve fare attenzione perché il Fisco ha un altro modo per pignorare le somme. Ecco il modo per difendersi.

Se hai debiti con il Fisco, non puntano solo al conto: possono pignorare le tue somme in un altro modo che purtroppo in pochi conoscono. E così si finisce per diventare “vittime” di questo sistema”.

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Fisco, se hai debiti possono pignorare le somme in quest’altro modo (che nessuno sa): come difendersi – ideabuilding.it

Per fortuna c’è un modo per mettere un freno a tutto questo e tornare a respirare prima che sia troppo tardi. Ecco perché conoscerlo può “salvarti la vita”.

L’altro modo con cui il Fisco può pignorare le somme

Diciamolo chiaro: il vero incubo di chi ha la partita IVA non è solo il cliente che paga tardi, è quando il cliente ti chiama dicendo: “Mi è arrivato un atto, devo versare al Fisco quello che dovevo a te”. Ti è suonato familiare?

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L’altro modo con cui il Fisco può pignorare le somme – ideabuilding.it

È il cosiddetto pignoramento presso terzi dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione e può prosciugare il tuo flusso di cassa alla fonte. Non è fantascienza, è procedura standard. E la domanda da farti è: vuoi subire in silenzio o preferisci sapere subito come difenderti? Il problema, in breve, è questo: se non sei in regola con cartelle e avvisi, l’AdER può attivare il pignoramento presso terzi ai sensi dell’art. 72-bis D.P.R. 602/1973, ordinando direttamente ai tuoi clienti di pagare a lei, e non a te.

Non serve il tribunale, non c’è un’udienza da attendere: l’atto viene notificato al tuo cliente (e in copia a te) e l’effetto è immediato. Di solito te ne accorgi perché una fattura che avevi in scadenza “sparisce”: il cliente, vincolato dall’ordine, non può più liquidarti quei compensi. Gli uffici, prima, incrociano i dati nel loro sistema telematico e individuano i rapporti commerciali stabili; poi partono con l’atto. È chirurgico, e colpisce proprio dove fa più male, cioè sulla tua liquidità.

Come si presenta nella pratica? Per le somme già maturate scatta il termine di 60 giorni dalla notifica per versare all’erario; per le somme future, il pagamento va fatto man mano che le fatture vanno in scadenza. Di base, l’ordine può riguardare i compensi professionali correnti e futuri, con l’eccezione dei crediti pensionistici che non sono aggredibili con questa modalità. Se il cliente non ottempera, l’AdER può passare al recupero giudiziale, citando lui e te secondo il codice di procedura civile. Tradotto: il cliente non “fa il furbo”, è messo all’angolo dalla legge.

Gli esperti tributaristi lo ripetono in coro: il tempo è la tua variabile più preziosa. Rimandare significa trasformare un fastidio in emergenza: rischi ulteriori esecuzioni, fermi amministrativi sulla vettura, persino ipoteche sugli immobili ex art. 77 D.P.R. 602/1973. E attenzione al danno reputazionale: al tuo cliente non piace diventare il “cassiere” del tuo debito fiscale. Più long story che short story, più costa.

La buona notizia è che una via d’uscita c’è e può essere immediata. La prima mossa concreta è chiedere una rateizzazione del debito all’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Non è un paracadute eterno, ma è spesso la leva che sblocca la situazione sul serio. Con il pagamento della prima rata del piano concesso si verificano effetti importanti: molte procedure esecutive in corso si estinguono, purché non ci sia già stata l’assegnazione dei crediti; l’AdER sospende il fermo amministrativo se tutte le posizioni sono dentro la dilazione; e, quando il debito si riduce, puoi domandare la riduzione o restrizione dell’ipoteca già iscritta.

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Come difendersi dal pignoramento delle proprie somme – ideabuilding.it

Tradotto: appena parte il piano, la morsa si allenta. Occhio però: se salti alcune rate, anche non consecutive, scatta la decadenza e torni al punto di partenza, spesso peggio di prima. Quali sono i requisiti per la rateizzazione? La legge pretende la temporaneità della difficoltà. Devi poter dimostrare che, anche se non riesci a saldare tutto in unica soluzione, sei in grado di farlo a rate. In base alla situazione, puoi ottenere fino a 72 rate (6 anni) per difficoltà temporanea, e fino a 120 rate (10 anni) se provi una grave difficoltà congiunturale che rende insostenibili piani più corti.

Esiste anche la rimodulazione se la tua condizione peggiora nel frattempo. Non rientrano in questo schema i casi di difficoltà “definitiva” (attività cessata, liquidazione giudiziale, ecc.), né alcune procedure concorsuali che impongono la par condicio dei creditori. E se il debito non è dovuto, o è viziato? Allora bisogna muoversi sul fronte della sospensione legale o dello sgravio. Se hai già pagato, hai una sentenza favorevole, c’è prescrizione, o notifica irregolare/inesistente, puoi presentare istanza con la documentazione che prova l’inesigibilità, chiedendo immediata sospensione.

Qui la precisione conta: controlla attentamente l’atto (importo, estremi delle cartelle, date di notifica) e, in caso di errori, attiva l’autotutela o il ricorso nei termini previsti. In situazioni complesse, un professionista (commercialista o tributarista) è il tuo miglior alleato. Capitolo stipendi e “minimo vitale”. La legge tutela una quota intoccabile per garantire condizioni di vita dignitose. Per i pignoramenti su retribuzione legati ai crediti dell’AdER, valgono scaglioni che limitano l’aggressione: si può prelevare fino a 1/10 per stipendi fino a 2.500 euro netti, 1/7 tra 2.500 e 5.000 euro, e 1/5 oltre i 5.000 euro.

Sui redditi da pensione ci sono ulteriori cautele e calcoli specifici del minimo vitale. Non è “uno scudo totale”, ma sono limiti che possono fare la differenza nella gestione quotidiana. Infine, la gestione “soft” ma decisiva: parla con il cliente appena ricevi la copia dell’atto. Spiega che stai attivando la rateizzazione o la sospensione, chiarisci le tempistiche e rassicuralo sul fatto che si tratta di un adempimento legale, non di una tua furbizia. Nel frattempo, riorganizza i flussi: chiedi acconti più alti sui nuovi lavori, diversifica la clientela per ridurre la dipendenza dai soliti pagatori, programma fondi dedicati alle imposte per evitare nuovi arretrati.

E tieni d’occhio eventuali definizioni agevolate o “rottamazioni” quando aperte: possono alleggerire molto il carico. La risoluzione? Agisci in tre tempi: verifica subito l’atto e i presupposti, valuta se c’è spazio per sospensione/sgravio; attiva senza ritardi la rateizzazione con rata minima di 50 euro se i conti tornano; coordina la comunicazione con i clienti pignorati per evitare ulteriori strappi.

È un percorso che funziona perché si appoggia a regole precise, non a scorciatoie. Restare fermi, invece, costa: più interessi, più vincoli, più ansia.

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