È possibile andare in pensione 5 anni prima: basta accettare questa offerta dell’INPS valutando i pro e i contro.
Vuoi lasciare il lavoro fino a cinque anni prima? C’è un modo concreto per farlo: l’INPS ti apre la porta, ma chiede in cambio una scelta non banale.

Molti italiani ci stanno pensando (e alcuni hanno già detto sì), ma il trucco sta tutto nei dettagli. Ecco cosa sapere per fare la scelta giusta.
Come andare in pensione 5 anni prima con l’offerta dell’INPS
Se ti dicessi che puoi lasciare la scrivania prima dei 67 anni, di slancio, senza dover aspettare il calendario? Forte, vero. Ma c’è un “ma” grande come una casa: l’anticipo si paga, e non in spiccioli.

Ti stai chiedendo se conviene davvero accettare l’offerta dell’INPS per andare in pensione fino a 5 anni prima? È qui che entra in gioco la scelta che potrebbe cambiarti le finanze per sempre. Partiamo dai fatti nudi e crudi, quelli che contano. L’opzione di uscita anticipata oggi si chiama quota 103 e, salvo colpi di scena in manovra, resterà attiva solo fino al 31 dicembre 2025.
In pratica, se hai almeno 62 anni e 41 anni di contributi, puoi chiedere la pensione prima della vecchiaia. Ma non è un “liberi tutti”: accettare quota 103 significa dire sì al calcolo contributivo dell’assegno e a regole che tagliano le ali a chi vuole arrotondare con un lavoretto. È qui che tanti inciampano, perché l’anticipo è vero, ma il conto arriva subito.
Come si presenta il problema, nella vita reale? Immagina di aver lavorato una vita, con anni importanti prima del 1996 e diritto a un calcolo misto più favorevole. Con quota 103 l’INPS ti dice: “Ok, puoi uscire ora… però l’assegno lo calcoliamo tutto contributivo”. In soldoni, la cifra si basa sul montante dei contributi versati, rivalutati, e trasformati in rendita con coefficienti meno generosi per chi esce giovane.
Risultato: per molti, soprattutto per chi aveva almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, il taglio può superare anche il 30% rispetto a quanto si otterrebbe aspettando. E non è finita: c’è un tetto massimo all’importo pari a 4 volte il trattamento minimo e il divieto di cumulo con redditi da lavoro (autonomo o dipendente), con la sola eccezione del lavoro autonomo occasionale entro i 5.000 euro annui. In più, occhio alle “finestre”: l’assegno non arriva il giorno dopo la domanda, perché c’è una decorrenza differita.
Gli esperti previdenziali lo ripetono da mesi: quota 103 è una scelta di vita più che una semplice procedura. E se rimandi? Qui sta l’urgenza. Se aspetti troppo, rischi che la quota 103 scada e che le regole cambino di nuovo. Si parla di una quota 41 flessibile come ipotesi futura, ma oggi è solo un progetto, senza certezze sui requisiti e sugli importi. Dall’altro lato, se ti lanci senza fare i conti, puoi ritrovarti con un assegno più basso per tutta la vita, senza possibilità di integrare stabilmente con un lavoro: sforare il limite dei 5.000 euro in attività occasionale significa sospensione della pensione e recupero delle somme indebitamente percepite.
Sul fronte tempo e denaro, quindi, il rischio è doppio: perdere l’opzione o perdere quote di pensione che non recupererai più. La regola, in parole semplici, è questa: l’INPS ti concede l’anticipo fino a 5 anni, tu accetti meno soldi da subito e più vincoli. Per qualcuno è una liberazione preziosa, per altri una trappola travestita da scorciatoia. Il nodo cruciale è capire se, nella tua situazione, l’anticipo migliora davvero la qualità della vita o la zavorra. I consulenti suggeriscono di comparare due scenari: quanto prenderesti oggi con quota 103 e quanto prenderesti restando al lavoro fino alla vecchiaia o alla pensione anticipata ordinaria.
Ricorda che l’anticipata “Fornero” (senza limiti d’età) resta una via solida per chi ha tanta contribuzione, con requisiti che, ad oggi, sono più severi ma meno penalizzanti sull’importo rispetto al contributivo secco. La parte psicologica conta. L’idea di liberarsi subito è irresistibile, ma l’assegno più leggero ti seguirà per anni. Se non puoi contare su altri redditi familiari, risparmi consistenti o spese fisse basse, quell’entusiasmo potrebbe trasformarsi in stress mensile.

Se invece il tuo obiettivo è il tempo — per la salute, per un familiare, per cambiare città — allora il “baratto” può valere oro, anche con un taglio in busta. Qui non esiste il giusto universale: esiste il “giusto per te”. Come si risolve, in pratica, senza improvvisare? La strada più sicura è partire dagli strumenti ufficiali. Accedi a La mia pensione – INPS e a PENSAMI per simulare importi e tempi; verifica l’estratto conto contributivo e sistema eventuali buchi o incongruenze; chiedi a un patronato una valutazione comparativa tra quota 103, vecchiaia, anticipata ordinaria e misure particolari come APE Sociale o, se ricadi nei requisiti, Opzione Donna.
In molti casi ha senso valutare cumulo dei periodi assicurativi o riscatto (anche agevolato) di studio e periodi scoperti, oppure versamenti volontari per centrare i 41 anni entro il 2025. Sono strumenti reali, previsti dalla normativa, che possono spostare gli esiti in modo decisivo. In chiusura, mettiamo i pezzi al loro posto. Se il tuo profilo rientra in quota 103, l’INPS ti offre un’uscita rapida a fronte di un calcolo contributivo e di paletti chiari: tetto a 4 volte il minimo, no cumulo con redditi da lavoro oltre l’occasionale entro 5.000 euro, decorrenze differite.
La decisione conviene a chi ha priorità di tempo, aspettative di vita lavorativa complesse o un paracadute economico adeguato. Se invece proteggere l’assegno è la tua priorità, confronta attentamente con l’anticipata ordinaria o attesa per la vecchiaia, perché il vantaggio del calcolo misto potrebbe essere rilevante, soprattutto se hai molta anzianità ante 1996. Fai ora le tue simulazioni, raccogli dati certi e valuta il “baratto” con freddezza: il calendario corre e la scadenza del 31 dicembre 2025 non aspetta.