Un piccolo grande ritocco all’Assegno di Inclusione potrebbe trasformarsi in un extra fino a 130 euro l’anno. Ecco come.
Se conti sull’Assegno di Inclusione per far quadrare i conti, sai bene che ogni euro conta. Il problema è che tra inflazione, burocrazia e sigle (ISEE, scala di equivalenza, soglie di reddito) rischi di perdere un aumento già previsto o finire con un importo più basso del dovuto.

Per fortuna non tutto è perduto: anzi, dalle recenti novità sembra che sia previsto un aumento di ben 130 euro. Ecco perché.
A chi spetta l’aumento nell’Assegno di Inclusione
L’Assegno di Inclusione ha sostituito il Reddito di Cittadinanza nel 2024, con una platea più mirata ai nuclei con soggetti fragili. Nel 2025 è arrivato il primo segnale positivo: il limite di reddito familiare di base è passato da 6.000 a 6.500 euro, e la soglia massima per un singolo con scala di equivalenza pari a 1 è salita da 500 euro a circa 541,66 euro al mese.

Un ritocco simbolico ma concreto, dopo anni bloccati a 500 euro nonostante la corsa dei prezzi. Secondo i dati ISTAT richiamati dagli analisti, l’erosione del potere d’acquisto degli ultimi anni è reale: ciò che compravi nel 2019 con 500 euro oggi costa di più, e continuare con importi fermi significa, in pratica, ricevere meno.
Come si presenta, dunque, il “problema”? Molte famiglie notano che l’importo dell’ADI oscilla o resta invariato anche quando il costo della vita sale. Spesso il nodo è nella meccanica dell’assegno: soglie, ISEE aggiornato, scala di equivalenza del nucleo e ricalcoli INPS. Un esempio ricorrente: chi non aggiorna la DSU per tempo o non allinea lo stato del nucleo familiare rischia di non vedersi applicato l’adeguamento.
Tuttavia, nelle settimane scorse, diversi esperti hanno sottolineato come il trend dell’inflazione (stimato intorno all’1,7% a fine estate e atteso vicino al 2% su base annua) possa spingere a un ulteriore piccolo aumento nel 2026, in scia a quello già visto nel 2025.
Trascurare il problema non è gratis. Chi sottovaluta la necessità di tenere aggiornati ISEE e dati di famiglia rischia non solo di perdere l’eventuale aumento, ma anche di incorrere in sospensioni o ricalcoli al ribasso. Ogni mese perso pesa sul bilancio: bollette rinviate, spese mediche che slittano, piccole rate che si accumulano.
E c’è un costo invisibile: l’inflazione mangia la tua capacità di spesa, quindi ritardare un adeguamento equivale, di fatto, a rinunciare a potere d’acquisto. In alcuni casi, errori documentali possono perfino generare richieste di restituzione: non è il genere di “sorpresa” che vuoi nella tua area personale INPS.
Ecco il cuore della questione: perché si parla di aumento e di quali cifre stiamo discutendo? Dopo il passaggio a 541,66 euro mensili per il singolo, un adeguamento all’inflazione del 2% porterebbe indicativamente a circa 130 euro in più all’anno (quasi 11 euro al mese), con un importo mensile che salirebbe intorno a 552 euro. È poco? Non per chi lotta su ogni voce di spesa.

E c’è di più: nei nuclei con scala di equivalenza superiore a 1 (cioè famiglie più numerose o con maggiori carichi), la percentuale si applica a una base più alta. Tradotto: l’extra annuale può avvicinarsi o superare i 130 euro, perché l’incremento “pesa” su importi complessivi maggiori. Non parliamo di un boom come quello generato dalla revisione strutturale del 2025, ma di un passo avanti coerente con l’obiettivo di tenere il sussidio agganciato al costo della vita.
Ora, come fai a non farti sfuggire il rialzo? Qui entra in gioco la parte pratica. L’INPS ricalcola gli importi sulla base di ISEE e requisiti aggiornati: se la tua DSU non è in ordine, l’adeguamento rischia di non atterrare sul tuo conto. Verifica anche la correttezza della composizione del nucleo e della scala di equivalenza: una variazione anagrafica non registrata può impattare sul calcolo.
Controlla nell’area personale INPS ogni comunicazione sull’Assegno di Inclusione, perché eventuali richieste di integrazioni documentali spesso spiegano perché l’importo non si muove. Se qualcosa non torna, un patronato/CAF può intervenire rapidamente: a volte è questione di un flag mancato o di una data non allineata.
C’è poi il tema delle voci accessorie. In presenza dei requisiti definiti dalla misura, potrebbero essere previste integrazioni legate alla situazione abitativa o ad altre condizioni del nucleo. Per questo conviene incrociare le regole ufficiali dell’ADI con la tua situazione specifica, facendo riferimento alle circolari e alle schede INPS aggiornate: sono loro la bussola per non lasciare soldi sul tavolo.