È possibile avere la cuccia in cortile senza litigare con i condomini? Ecco il trucco legale per risolvere la questione senza problemi.
La gioia di condividere la vita con un cane è una delle poche certezze capaci di addolcire le giornate in città: rientrare a casa e trovare una coda che scodinzola, organizzare le passeggiate tra i palazzi, trasformare un cortile anonimo in un angolo di affetto. Ma la vita in condominio è anche un mosaico di regole, sensibilità e diritti che devono incastrarsi alla perfezione.
E quando entra in scena la cuccia in cortile, spesso scatta la scintilla: c’è chi rivendica il piacere di portare l’animale all’aria, chi teme odori, rumori e potenziali rischi, chi brandisce il regolamento condominiale come scudo. Nascono così contese capaci di trascinarsi fino alle aule di tribunale. Ma ecco il trucco per risolvere la questione senza problemi.
Si può tenere un cane nel cortile condominiale? La cornice giuridica è chiara su alcuni punti-chiave. Il cortile è parte comune destinata a dare aria e luce, agevolare il passaggio e, in mancanza di diversa regolamentazione, ad assolvere anche funzioni ulteriori compatibili. Le regole sull’uso delle cose comuni (art. 1102 c.c.) consentono a ciascun condomino di servirsi del cortile a patto di non alterarne la destinazione e di non impedire agli altri un pari godimento.
E il regolamento condominiale, approvato dall’assemblea, può disciplinare dettagli e modalità d’uso, senza però poter vietare in assoluto il possesso o la detenzione di animali domestici (art. 1138 c.c.). In astratto, dunque, la presenza del cane in cortile è concepibile se resta entro confini rigorosi: nessun intralcio al passaggio, nessun pericolo per le persone, nessun degrado igienico, nessuna occupazione stabile e sproporzionata dello spazio.
Nella pratica, tuttavia, è la convivenza a presentare il conto: abbai protratti, odori se le deiezioni non vengono raccolte con tempestività, paura per chi non ama gli animali o per i bambini che attraversano l’area. Bastano questi ingredienti per trasformare un uso “più intenso” ma lecito in un conflitto quotidiano. C’è di più: il tema della “catena”. La linea tracciata dalle più recenti disposizioni a tutela degli animali, richiamate dalla cosiddetta legge Brambilla, vieta di custodire i cani legati con catene o strumenti similari che ne impediscano i movimenti, salvo documentate esigenze sanitarie o temporanee ragioni di sicurezza, prevedendo sanzioni amministrative per i trasgressori.
Tradotto: l’idea di “mettere la cuccia e legare il cane” nel cortile per tranquillizzare i vicini non è una scorciatoia, ma un rischio. E se il cane non è legato, il problema si sposta sull’altro piatto della bilancia: il timore di alcuni condomini e il possibile ostacolo al pari uso dello spazio comune. Ecco perché gli amministratori più avveduti invitano alla prudenza. In presenza di segnalazioni, il loro compito è intervenire, diffidare il proprietario dell’animale e, se necessario, attivare le misure previste dal regolamento o convocare l’assemblea.
Va ricordato che, in difetto di iniziative, i singoli condomini possono tutelarsi direttamente per le parti comuni, senza attendere passivamente. Il messaggio di fondo resta: tenere stabilmente un cane in cortile è una strada stretta e piena di insidie, che rischia di degenerare in contenzioso.
Non tutto, però, è destinato alla guerra di nervi. Un “trucco” legale, come lo definisce un amministratore con lunga esperienza di liti da pianerottolo, che consente di evitare la battaglia e mettere tutti d’accordo, rispettando la legge, le parti comuni e gli animali.
La chiave è spostare la questione dal gesto del singolo alla decisione dell’assemblea: deliberare a maggioranza la destinazione di una micro-area del cortile a “angolo pet” amovibile e temporaneo, con regole puntuali su orari, capienza, responsabilità e igiene, in modo da non alterare la destinazione del bene né impedire agli altri il pari uso (art. 1102 c.c.), senza violare il divieto di vietare gli animali (art. 1138 c.c.).
La delibera, redatta con l’assistenza dell’amministratore, deve prevedere:
Così l’uso non è “stabile” né esclusivo, ma regolato e turnario; l’amministratore può vigilare e diffidare chi sgarra; i condomini hanno una cornice chiara per convivere. In assenza di spazi idonei, la delibera può indicare alternative su proprietà esclusive (balconi, giardini privati) e percorsi di accesso, restando ferma la tutela del decoro e della sicurezza. È la via che, nelle liti di cortile, spesso fa davvero la differenza.
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