Alcuni lavoratori possono approfittare di un’opportunità: andare in pensione prima dei 67 anni. Ecco come fare.
Buone notizie dall’INPS: non tutti devono aspettare i 67 anni per smettere di lavorare. Alcuni profili, tra cui chi svolge lavori usuranti o gravosi e le madri contributive, possono centrare la pensione di vecchiaia anticipata.
Ecco chi rientra e come non perdere questa opportunità data dall’INPS.
Aspettare per forza i 67 anni? Non sempre. Se ogni mattina timbri il cartellino in un mestiere che “ti spreme” o se hai cresciuto figli mentre versavi contributi, potresti avere tra le mani un jolly che pochi conoscono.
E la domanda è: perché regalare mesi di lavoro in più quando le regole ti permettono di uscire prima? Il punto di partenza è semplice: la pensione di vecchiaia in Italia, oggi, scatta con 67 anni e almeno 20 anni di contributi. Per chi ha iniziato a versare dopo il 31 dicembre 1995 (i cosiddetti “contributivi puri”), c’è anche il vincolo che l’assegno non sia inferiore all’importo dell’assegno sociale.
Fin qui, la regola base. Ma non è tutta la storia. Perché il sistema, agganciato all’aspettativa di vita, è pieno di eccezioni intelligenti pensate proprio per chi fa lavori pesanti o ha avuto carriere contributive particolari. E se non le conosci, rischi di buttare via tempo e denaro. Facciamo chiarezza su come si presenta il “falso problema”: moltissime persone pensano che la soglia dei 67 anni sia una muraglia invalicabile.
Poi scoprono tardi che, per alcune attività gravose o usuranti, il requisito non è stato aumentato nel 2019 come per tutti gli altri, restando a 66 anni e 7 mesi. E che le lavoratrici madri con primo versamento dopo il 1995, grazie a uno sconto di 4 mesi per figlio fino a un massimo di 16 mesi, possono ridurre l’età utile alla vecchiaia fino a circa 65 anni e 8 mesi. È la classica informazione che “non fa rumore”, ma cambia la vita.
Rimandare significa rinunciare a mesi di pensione che non torneranno, continuare a logorarti in un’occupazione che potrebbe pesare sulla salute, e fare pianificazioni economiche e familiari basate su una data sbagliata. C’è di più: i requisiti si aggiornano nel tempo. Se non verifichi subito se rientri nelle categorie agevolate, potresti incastrarti fra un cambio di normativa e un conteggio contributivo non ottimizzato.
E c’è un dettaglio tecnico che molti ignorano: per l’agevolazione legata ai lavori usuranti o gravosi serve avere almeno 30 anni di contributi effettivi; non contano i periodi di contributi figurativi, volontari o da riscatto. Se non sistemi per tempo la tua posizione, potresti scoprire all’ultimo che ti mancano mesi preziosi.
Come si verifica e si chiede tutto questo, senza perdersi in un labirinto di codici? Il sentiero più rapido è doppio: controlla il tuo Estratto conto contributivo nel cassetto previdenziale e poi fai validare la posizione da un patronato o da un consulente previdenziale. Loro sanno come leggere i periodi effettivi, distinguere i contributi non validi per l’agevolazione e impostare la domanda di pensione dal portale INPS senza passi falsi.
Se rientri tra le madri contributive, segnala i figli avuti; se rientri tra i lavori gravosi/usuranti, prepara la documentazione che attesta le mansioni svolte nei periodi richiesti. È la differenza tra “forse posso” e “oggi presento la domanda”.
È in arrivo un aumento nelle pensioni: ecco la bella notizia che riguarda i pensionati…
Se ne trovi anche solo uno in bagno, in cantina o dietro la lavatrice, non…
L'ex Miss Italia Martina Colombari vive in una casa elegante e chic con il marito,…
È possibile rendere la propria casa accogliente e calda per l'autunno con una spesa minima:…
Brutte notizie per i fan di un amato programma Rai: è stata decisa la chiusura…
Prezzi davvero bassi sugli elettrodomestici? Le nuove offerte di Mondo Convenienza puntano a far saltare…