Se hai ereditato una casa e non sai chi deve versare l’IMU, fermati: una recente pronuncia della Cassazione riscrive il copione.
Ricevere una casa in eredità è una fortuna, soprattutto quando non si riesce ad acquistarne una (perché magari non viene rilasciato il mutuo). Eppure ci sono dei diritti e doveri per chi la eredità. Ad esempio se è divisa con altre persone.

Ci si potrebbe chiedere ad esempio chi debba pagare l’IMU nel caso di casa divisa in eredità. E questa sentenza spiega tutto una volta per tutte.
Chi paga l’IMU in una casa divisa in eredità
Hai ricevuto un avviso IMU intestato a un parente ormai scomparso e ti è salita la pressione? Tranquillo, ci siamo passati tutti. Il dubbio che rode è sempre lo stesso: chi paga davvero quando la casa è divisa tra eredi? E, soprattutto, rischi di dover coprire anche la parte degli altri?

Una ordinanza della Cassazione (n. 11097/2025) ha messo ordine dove regnava la confusione. E capire come muoverti adesso può evitarti sanzioni, nervi a pezzi e discussioni infinite tra fratelli Partiamo dai fatti semplici: l’IMU si paga quando possiedi, anche solo in parte, un immobile. Non serve la piena proprietà: contano pure usufrutto, uso, enfiteusi.
E si versa in base ai mesi e alla percentuale di possesso nell’anno. In una successione, ciascun erede eredita una quota dell’immobile e, con quella, il dovere di pagare la sua parte di IMU. Fin qui tutto chiaro. Il caos esplode quando arriva un avviso intestato al defunto e recapitato a te, oppure quando il Comune sembra pretendere l’intero importo da un solo erede “per comodità”. È qui che la sentenza fa la differenza.
La Cassazione ha preso posizione e, in pratica, ha detto: niente panico, ci sono regole precise. Primo, la responsabilità è pro quota. Secondo, la notifica vale anche se intestata al defunto, se l’erede la riceve davvero e può difendersi. Tradotto: il Comune non può chiedere a te tutto il conto della famiglia, ma se l’atto ti arriva, non puoi farlo sparire perché c’è scritto il nome sbagliato.
Se pensi di lasciar correre sperando che si sistemi da sola, fermati un attimo. Rimandare in questi casi è un boomerang. Le conseguenze sono concrete: scattano sanzioni e interessi che lievitano, si accumulano spese di notifica e, se si va lunghi, partono ingiunzioni e riscossioni che complicano la vita più di quanto immagini.
In parallelo si incattiviscono i rapporti tra coeredi, si inceppa qualunque progetto di vendita o affitto dell’immobile e rischi di bruciare opportunità fiscali (come il ravvedimento operoso) che ti avrebbero fatto risparmiare. Il tempo, sull’IMU, non è neutrale: lavora contro di te.
Ecco il cuore della novità, spiegato senza legalese. Secondo l’ordinanza n. 11097/2025 della Corte di Cassazione, per i tributi locali come l’IMU, se manca una norma che dica il contrario, valgono le regole del Codice civile. Gli articoli 752 e 1295 c.c. stabiliscono che gli eredi rispondono in proporzione alla loro quota ereditaria.
Significa che la tua responsabilità è limitata alla tua parte: né un euro in più, né uno in meno. Se siete in due al 50%, ciascuno copre il suo 50%. Se la casa ha un usufruttuario (tipico il coniuge superstite), l’IMU la paga lui al 100%, perché il godimento del bene è interamente suo. Punto. E la questione delle lettere intestate al defunto? La Corte ha chiarito che la notifica è valida se raggiunge lo scopo: cioè se l’atto arriva all’erede e l’erede lo capisce e può difendersi.

È il principio dell’art. 156 c.p.c.: conta la sostanza, non il refuso in intestazione. Perciò attenzione: buttare la busta perché “non è a mio nome” non è una strategia, è un autogol. Bene, e adesso che si fa? Prima di tutto, fotografa la situazione. Chi sono gli eredi? Quali sono le quote di possesso? Ci sono diritti reali come l’usufrutto? Di quali anni stiamo parlando e per quanti mesi nel singolo anno sei stato effettivamente possessore? Queste risposte fanno la differenza tra un pagamento giusto e uno sbagliato.
Una volta chiariti i dati, ciascun erede calcola e versa la propria quota di IMU in modo autonomo, alle scadenze ordinarie (acconto a giugno, saldo a dicembre), oppure ricorre al ravvedimento operoso se c’è un arretrato da mettere in regola con sanzioni ridotte in base al ritardo. Se il Comune ha già emesso un avviso di accertamento, lo si legge con calma, si verifica se l’importo è stato calcolato correttamente per quote e mesi, e si decide se pagare, chiedere rateazione oppure impugnare nei termini quando ci sono discrepanze serie.
C’è un ultimo tassello che spesso si dimentica: la dichiarazione IMU. Va presentata quando ci sono variazioni rilevanti (come l’acquisto per successione che modifica chi è tenuto all’imposta), entro i termini previsti dal regolamento comunale. Non è un dettaglio burocratico: è lo strumento che evita contestazioni future. Se il Comune “vede” la tua posizione corretta, è più facile che non sbagli il bersaglio.
Adesso che la “regola pro quota” è nero su bianco, la mossa furba è anticipare i problemi. Parla con i coeredi, mettete per iscritto chi paga cosa e quando, tenete traccia dei versamenti e, se c’è un usufruttuario, ricordategli che l’IMU è a suo carico al 100%. Così si tagliano sul nascere gli attriti e si evita che una dimenticanza diventi un macigno.