Puoi andare in pensione a 56 o 61 anni se hai questi requisiti: verifica subito, non ti serve il Caf

Molti lavoratori possono verificare subito, e senza CAF, se sia possibile andare in pensione a 56 o 61 anni: ecco come fare.

Molti lavoratori non vedono l’ora di andare in pensione ma le leggi a riguardo cambiano sempre e bisogna conoscere anche i più piccoli cavilli per sapere se sia possibile andarci in maniera anticipata. Ebbene, è davvero possibile smettere di lavorare prima.

coppia anziana che legge fogli
Puoi andare in pensione a 56 o 61 anni se hai questi requisiti: verifica subito, non ti serve il Caf – ideabuilding.it

È necessario rientrare in una casistica precisa: la pensione a 56 anni per le donne o 61 per gli uomini. Si può verificare se sia il proprio caso da soli, senza passare dal Caf, ma solo se si conoscono i requisiti “nascosti”. Ecco come verificarli in autonomia in pochi passaggi.

Come verificare se si può andare in pensione a 56 o 61 anni

Basta confusione, chiariamo subito: non tutte le invalidità portano alla pensione anticipata e non tutti i lavoratori possono sfruttarla. Il problema? Tra voci di corridoio, post sui social e consigli frettolosi, si rischia di perdere tempo e soldi.

uomo anziano allo smartphone
Come verificare se si può andare in pensione a 56 o 61 anni – ideabuilding.it

Ti è capitato di sentir dire “con il 90% vai in pensione subito” e poi scoprire che no, non è così? Non sei il solo. La domanda vera è: come fai a capire da solo, oggi, se rientri nella finestra giusta e non stai inseguendo un miraggio? Partiamo dai fatti. L’uscita a 56/61 anni esiste, ma non è una scorciatoia universale: riguarda solo la cosiddetta pensione di vecchiaia anticipata per invalidi del settore privato.

Al centro c’è la differenza tra invalidità civile e invalidità pensionabile (o “specifica”). La prima misura in generale quanto una persona è limitata nello svolgere attività lavorative di qualsiasi tipo; la seconda valuta la riduzione della capacità lavorativa rispetto alle tue mansioni concrete ed è quella che conta per questa misura. Quindi un 90% di invalidità civile da solo non basta: serve il riconoscimento di invalidità specifica almeno all’80%, rilasciato dopo visita della commissione medica INPS.

La casistica che crea più malintesi è proprio questa: persone con invalidità civile alta, magari 62enni, con 20 anni di contributi ma tutti versati dal 2000 in poi. In quel caso si rientra tra i cosiddetti “contributivi puri” e si resta fuori. Perché? Perché la norma agevolativa riguarda i vecchi iscritti, cioè chi ha almeno un contributo prima del 1996. Questo spartiacque non è un dettaglio: è il primo filtro che fa la differenza tra una risposta “sì” e un “mi spiace, non puoi”.

Ora andiamo dritti al punto, senza giri di parole. Per centrare l’obiettivo servono tre colonne d’Ercole: invalidità specifica all’80%, 56 anni se sei donna o 61 anni se sei uomo, 20 anni di contribuzione. E devi essere un dipendente privato iscritto all’AGO o a un fondo sostitutivo. Niente da fare invece per autonomi e dipendenti pubblici. C’è poi la famigerata finestra mobile di 12 mesi: anche se maturi i requisiti oggi, la pensione decorre un anno dopo. Non è una cattiveria, è la regola tecnica della misura.

Come si presenta di solito il “falso positivo” che crea frustrazione? Ci si basa su un verbale di invalidità civile e su un’età che “suona giusta”, si va al patronato e si ottengono risposte diverse. Qualcuno dice che l’invalidità “non è quella giusta”, altri che “hai cominciato a versare tardi”. Entrambi, a modo loro, stanno toccando i due punti critici: serve l’invalidità pensionabile e serve l’anzianità assicurativa pre-1996. Ecco perché tante domande vengono respinte. Lo confermano i consulenti previdenziali più scrupolosi: prima di tutto si controlla l’estratto conto contributivo su MyINPS per vedere l’anno del primo versamento; poi si verifica il tipo di invalidità certificata.

sagoma di uomo anziano e monete
Come capire se si può andare in pensione a 56 o 61 anni – ideabuilding.it

Se lasci correre, i rischi non sono leggeri. Rimandi la verifica e ti ritrovi a lavorare mesi in più con una salute già compromessa, con un reddito potenzialmente più basso rispetto a quello che potresti percepire come pensionato e con la decorrenza che slitta ancora per via della finestra. Sbagli domanda? Ti becchi un rigetto, perdi tempo prezioso e rischi di dover ripartire da capo con nuove visite e accertamenti. E attenzione: senza cessazione del rapporto di lavoro dipendente, la domanda non parte proprio. Un cavillo? No, un requisito fondamentale.

Come si fa, concretamente, a capire da soli se ci siamo?

  • Apri l’estratto conto contributivo e cerca il primo contributo: se è prima del 1996, superi il test dei vecchi iscritti; se è dal 1996 in poi, rientri nei contributivi puri e questa via non è percorribile
  • Guarda il tuo verbale: parla di invalidità civile o di invalidità specifica/pensionabile? Se non hai il riconoscimento dell’80% in ambito pensionabile, dovrai avviare la procedura per l’accertamento sanitario tramite INPS
  • Verifica età e anni: 56/61 e 20 anni di contributi effettivi
  • Considera la cessazione del rapporto di lavoro: senza, la pensione non decorre
  • Metti in conto la finestra mobile di 12 mesi e programma il tuo budget: aiuta a non farsi cogliere impreparati

A questo punto il quadro si fa limpido. Se sei un dipendente privato, hai contributi ante-1996, un’invalidità specifica almeno dell’80%, età e contribuzione in regola, allora la strada c’è. La domanda si presenta all’INPS dopo la cessazione del rapporto, allegando il verbale sanitario corretto. In caso contrario non è finita: puoi valutare l’Assegno Ordinario di Invalidità (se la riduzione della capacità lavorativa è almeno di due terzi), l’uscita con vecchiaia ordinaria o altre vie di anticipo che vengono aggiornate di anno in anno dal legislatore.

Per queste, il consiglio è incrociare sempre le schede ufficiali sul portale inps.it e, se serve, una consulenza mirata: meglio un parere qualificato che un tentativo a vuoto.

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